Le 5 Chimere Mangia Futuro

Chimera_d'arezzo,_firenze,_02Probabilmente nel tentativo di ottenere la giusta monetizzazione del tuo sito avrai utilizzato alcuni di o tutti questi strumenti:

1. Adsense

2. Affiliazioni a cpc, lead, cpa

3. Adnetwork cpm

4. Intermediari Vari

5. Concessionarie

Ho una brutta notizia per te:

Per un editore verticale tra il 0,5 e i 15 mln di pagine viste, nessuno dei 5 sistemi tradizionali di monetizzazioni è veramente efficace.

Anzi, senza l’adeguata strategia, questi strumenti si tramutano in orribili chimere che distruggono il tuo business e le tue possibilità di guadagno.

Vediamo insieme il perché e come salvare le tue carne delicate dai loro molteplici artigli!

1. ADSENSE – Il Padrone

ADSENSE è sicuramente lo strumento preferito da molti editori per la monetizzazione, per la sua semplicità, immediatezza e puntualità di pagamento.

Al punto che sempre più editori usano Adsense come primaria fonte di reddito.

Ma con che tranquillità per il futuro?

Ecco le storie di alcune degli editori che ho incontrato negli anni.

Mario, possiede un bellissimo sito rivolto ad editori indipendenti, multi lingua e ha sempre guadagnato decine di migliaia di euro al mese da ADSENSE, sostenendo una redazione sparsa nel globo di collaboratori. E’ sicuramente stato uno dei primi editori italiani a costruirsi indipendenza economica di livello grazie alla sua capacità di focalizzare contenuti di qualità su un target ristretto di persone, di cui è l’indiscussa star.

Non sto a raccontarti quante ore, giorni, mesi ha passato per ottimizzare il suo sito per google, per comprendere i migliori contenuti qualitativi da offrire al suo target e agli investitori pubblicitari. Ti dico soltanto che ha passato così tanto tempo da diventare un maestro riconosciuto sull’argomento. Si sentiva un figo. E lo era veramente.

Finché non venne da me nel 2008, disperato, perché da un giorno all’altro, senza alcun preavviso, venne “bannato” da ADSENSE. Con “ban” da adsense ci si riferisce allo spiacevole atto con cui ADSENSE ti chiude l’account e ti esclude dal suo programma.

Dall’oggi al domani, senza preavviso.

Con una semplice mail pre-impostata.

Mandata da un anonimo impiegato mai visto e mai sentito di Google, che non riuscirai mai a ricontattare.

Adesso, prova a immaginare lo sconforto di vedere annullati tutti i suoi ricavi: dagli oltre 10.000 € mese a 0 €. Come ti sentiresti al suo posto? Come lo diresti ai tuoi collaboratori? E ai tuoi cari?

Significa perdere un intero business, con uno schiocco di dita.

A Luigi fortunatamente è andata bene: Luigi ha capito dove ha “sbagliato”, è riuscito – cosa possibile ma molto rara – a farsi riammettere nel programma. Ha avuto una seconda possibilità, probabilmente ha pesato il volume dei ricavi. Ma tu fai oltre 10.000 € mese da Adsense?

Michelangelo invece non ha avuto la stessa fortuna. E pensare che non ha mai sbagliato.

Giorgio ha sempre rigato dritto, nel rispetto maniacale della “policy” di Google, proprio per non incorrere nel ban. Ha sempre ricontrollato personalmente ogni foto a corredo degli articoli pubblicati dai suoi collaboratori, sia mai che scappi un mezzo topless. Ha sempre ricontrollato i contenuti pubblicati, sia mai che il mood dell’articolo vari verso il gossip…

Fondare i propri conti su ADSENSE è come avere un capo cui rendere costantemente conto. Un capo silente ma estremamente presente. Che se sbagli non perdona.

Eppure anche Giorgio è stato “bannato”. Ma lui non hai mai saputo il perché. Nonostante le 12 mail al servizio clienti. Le 8 interrogazioni pubbliche nei forum di supporto. I 4 abboccamenti personali e privati – stile spia del KGB – con i dipendenti di Google. Implorando una spiegazione.

Nulla.

Sembra una puntata di Giacobbo, quella sui misteri alieni, tanto è paradossale questa situazione. L’unico fatto acclarato, scoperta non da google ma analizzando gli analytics del sito, è che, qualche giorno prima del ban, un concorrente invidioso ha iniziato a cliccare forsennatamente sui banner di Giorgio, generando una marea di click dal medesimo IP. E Google ci ha cascato, accusando il proprietario del sito di click fraud.

Quale è la solidità del tuo business se un invidioso può farti saltare la tua primaria fonte di ricavo?

Ma c’è di più: come sempre accade, in caso di ban perdi tutti i soldi dell’account non ancora riscossi.

Con la solita letterina prestampata, Google ti comunica anche la confisca di tutto il denaro maturato sul tuo conto ma non ancora bonificato.

Per Giorgio poche centinaia di euro, ma immagina a quanto può ammontare la perdita per chi ha trovato il modo di far funzionare il suo sito e il suo account google…

Pensa quanto avrebbe potuto perdere Luigi.

A livello internazionale, dove i pubblisher possono contare su una scala maggiore fuori dal bacino limitato della lingua italiana, la situazione è persino peggiore. Da pesci piccoli, come Idris Sami che ha perso 48.000 $ a colossi quali Pubshare che hanno perduto 1.000.000 $ (un milione di dollari!).

La verità è che siamo tutti ad un click dal ban. Non importa quanto tu sia rilevante, famoso. Ho visto rinomati bloggers, sedicenti Guru con la puzza sotto il naso, piangere come ragazzini per il ban.

Cerca “Adsense ban” su google, troverai oltre 749.000 pagine sull’argomento. 749.000 storie di disperazione e di business falliti per aver messo tutte le uova nel medesimo paniere. 749.000 persone che pensavano che a loro non sarebbe capitato.

Fino a ieri hai fatto guadagnare moneta sonante a google, oggi vieni trattato da criminale e con il DIVIETO A VITA di utilizzo di Adsense.

A VITA.

E oggi diventi un appestato (chi frequenta i forum per webmaster conoscerà l’utente che ha come nick l’“Appestato di Adsense”, tanto può incidere il ban sulla tua identità).

Rischi di vedere vanificato tutto quanto hai costruito, dall’oggi al domani, senza nemmeno ricevere una spiegazione valida e opportuna sul tuo caso.

Pensi che a te non possa capitare?

Ok, probabilmente sarai fortunato, te lo auguro.

Ma nel silenzio della notte, quando appoggi il capo sul cuscino, una voce bisbiglia feroce: “ e se proprio adesso, mentre in America è giorno, un ragazzino brufoloso sta cliccando “ban” sul mio sito?”. Non sarebbe meglio poter dormire 100% sereni la notte?

Pensaci: se un burocrate di una filiale secondaria nel mondo di una multinazionale è in grado con un semplice click di annullare tutti i tuoi ricavi, a chi appartiene veramente il tuo business?

Stai lavorando per te o per Google?

Per questi motivi, se ADSENSE vale più del 25% dei tuoi ricavi il tuo business è in serio pericolo!

2. Le Affiliazioni – l’Elemosiere

Forse proprio in ottica diversificazione  forse attratto dai ricavi, avrai provato alcuni dei centinaia di programmi di affiliazioni esistenti. Con la promessa del “guadagni in base a quanto vali”, l’investitore pubblicitario ti paga una commissione sulla vendita di un prodotto o servizio originato da un banner pubblicato sul tuo sito, una newsletter mandata ai tuoi iscritti o un link testuale.

Tralasciamo tutte le problematiche di “controllo” sull’effettiva conversione, escludiamo la miriade di operatori improvvisati esistenti, e concentriamoci solo sui programmi più seri, di aziende multinazionali che impiegano professionisti seri (ne conoscono e stimo diversi).

Sicuramente le affiliazioni sono uno strumento potentissimo ed efficace. Per l’investitore, non per te.

Che non solo pagherà solo per gli utenti che hanno acquistato il suo prodotto. Ma beneficerà gratuitamente di tutta pubblicità mostrata agli utenti che in quel momento non hanno “comprato”.

Magari gli utenti si ricordano del banner e acquistano dopo un giorno nel negozio. Magari si ricordano del tuo banner e acquistano dopo una settimana cercando su Google. Magari si ricordano del tuo banner da te gentilmente omaggiato all’investitore e acquistano dopo un mese, andando direttamente sul sito del cliente.

E’ vero, i programmi più seri hanno studiato correttivi, algoritmi complessi, formule astruse e segrete per cercare di retribuire correttamente la catena degli editori che hanno generato click e non solo l’ultimo, il più vicino all’acquisto.

Ma la matematica non mente: in media un banner visualizzato da 10.000 utenti, viene cliccato da 40 persone e origina (in base ai prodotti) 1 vendita. Significa che tu editore verrai pagato 1 volta per 1 utente e avrai omaggiato l’intero valore (branding, conoscenza di marchio etc) delle visualizzazioni sui restanti 9.999 utenti.

Con le affiliazioni REGALI il 99.99% dei tuoi spazi pubblicitari. Ti sembra onesto?

Mi spieghi perché sei costretto a scambiare la preziosa attenzione dei tuoi utenti con spot che vengono pagati solo se l’utente clicca, compra, si registra dopo interminabili richieste di informazioni, compie azioni assurde, vende la nonna?

L’intero rischio imprenditoriale della campagna è sulle tue spalle. I materiali pubblicitari del cliente sono sbagliati? E tu paghi. E’ un prodotto del cavolo? E tu paghi. Ti hanno indicato un target non veritiero? E tu paghi. Il mercato è saturo, quel brand è ovunque e la campagna non converte? E sempre tu paghi!

Porca miseria, sono multinazionali, fatturano centinaia di milioni e… manco ti pagano!

Il perché te lo spiego nei prossimi articoli . Per adesso ti basti sapere che se basi i tuoi ricavi sulle affiliazioni ti stai dividendo le briciole, sprecando i tuoi spazi e minando le tue possibilità di costruire un valore futuro per il tuo sito.

3. ADNETWORK CPM – il Gregge

Adesso, non dico per guadagnare ma almeno per avere riconosciuta la minima dignità umana, potresti essere tentato di affidarti ad uno dei tanti network a cpm, che consentono di monetizzare sempre tutte le visualizzazioni pubblicitarie dei banner, seppur a valori molto bassi. E’ una scelta sicuramente corretta per editori molto piccoli, ma ha dei limiti per chi ha un prodotto qualitativo.

 

Questi sistemi infatti funzionano facendo caricare all’editore sul suo sito dei tag (codici html che visualizzano la pubblicità) standard e non personalizzati.

L’investitore non conosce in dettaglio i siti su cui andrà la sua pubblicità, non paga in alcun modo il valore distintivo del tuo sito, semplicemente compra degli aggregati di traffico fidandosi della selezione minimale effettuata dall’aggregatore.

Compra tonnellate di banner a prezzi talmente bassi da assicurargli che statisticamente qualcosa torni indietro. Spara col cannone alle mosche ma giusto perché la polvere da sparo è la tua e tu la dai via quasi gratis.

In danno qui non è tanto il guadagnare poco, quanto farlo in maniera anonima.

Nessun investitore saprà mai di te e tu – a dispetto della fatica a far crescere il tuo sito. Anonimo sei e anonimo rimarrai.

Non consoliderai valore nel tempo.

Avrai sempre un business costruito sulle sabbie mobili.

4. Intermediari Vari – i VAMPIRI

Forse in passato, nella speranza di avere un minimo di servizio e valore riconosciuto, ti sarai affidato a intermediari vari, ibridi tra le suddette tipologie, piccoli operatori travestiti da grandi gruppi.

Società che si presentano con siti stellari, sedi all’estero ma che in realtà sono semplici schermi societari per improvvisati uffici in qualche provincia sperduta.

Si tratta per lo più di intermediari o persino intermediari di intermediari, con l’unico asset di avere un “amico” o un “cugino” ben introdotti. Gente che per la loro affabilità e avvicinabilità spesso carpisce la fiducia di editori interessanti.

Ti faccio una confessione: fino a qualche anno fa, anche io ho girato diverse centinaia di migliaia di euro a questi signori, soprattutto sul fronte e-mail marketing (in cui servono editori qualitativi e sempre freschi). Dovevo portare risultati ai clienti e questo mi bastava. Noi compravamo a 10, all’editore arrivava si e no 2…

Purtroppo, se ti affidi a questi signori, brucerai il valore del tuo sito in innumerevoli passaggi di intermediazione. Rendendoti sovente complice dei loro casini.

Ti sarai affidato a dei Vampiri con l’unico risultato di vederti succhiato via gran parte del valore dei tuoi spazi.

5. La Concessionaria – l’Ultima Chimera

Poche palle!, la concessionaria è lo strumento ideale per la valorizzazione di un sito. Ma anche qui vi sono dei dolori, dovuti alla natura di “intermediario” della concessionaria.

La concessionaria sta in mezzo tra chi compra e chi vende, ed è l’anello debole della catena.

Ogni volta che crea valore intorno ad un sito, promuovendolo e facendolo conoscere, rende più facile per l’editore (o per l’inserzionista) farsi scavalcare.

La concessionaria sa che alla fine del suo contratto annuale potrà essere sostituita, sia se ha lavorato male (e ci sta) sia e soprattutto se ha lavorato bene (e non ci sta per niente!).

Tanto più è brava la concessionaria a fare il suo lavoro, tanto più si scava la fossa (io la chiamo “la maledizione della concessionaria”).

Alle concessionarie può capitare di investire anni di lavoro e fior fiore di professionisti ben pagati per far conoscere il sito (una sorta di “evangelizzazione), far triplicare i loro fatturati e di ricevere alla fine il ben servito proprio per gli ottimi risultati: c’è sempre un operatore che, a sito posizionato, accetta di lavorare per una percentuale più bassa, raccogliendo i frutti degli investimenti altrui. E’ un opera di vampirismo tra concessionarie, a danno di chi investe, in una selezione naturale in favore del più furbo.

Per questo motivo le concessionarie si cautelano in un modo che ogni editore indipendente dovrebbe ben conoscere: non creano valore al tuo sito, ma al proprio editore di proprietà.

E’ un caso che tutte le concessionarie italiane di una qualche rilevanza, ad eccezione di 3 (di cui 1 è la mia ADVIT), possiedano o siano emanazione di un editore?

Molte acquisiscono siti con la sola intenzione di aumentare i numeri del canale, guadagnare peso, accedere a budget maggiori o più “verticali” per poi reindirizzare il grosso dei ricavi (la parte più pregiata, qualitativa, meglio pagata) sull’editore di proprietà. Dove marginano il 100% e non il 40%. Dove hanno sicurezza di continuità, di nessuna interruzione di mandato.

Tu porti i soldi. Loro li spostano in casa propria.

Come ti fa sentire questo?

Fai attenzione e drizza le orecchie se una concessionaria ti corteggia e ti copre d’oro, non avendo un sito proprietario nella tua categoria merceologica: 90 volte su 100 è perché lo stanno realizzando e useranno te per raccogliere budget mentre creano e fanno crescere il proprio sito.

Pensaci la prossima volta che ti verrà proposto di affidarti ad una concessionaria che è anche editore o possiede siti web.

Un altro grande problema è che spesso i pochi indipendenti sono emanazioni di lontani gruppi internazionali. Ho il massimo rispetto per la serietà e professionalità di questi signori, che stimo e apprezzo. Ma più di un editore mi ha fatto questo ragionamento:

Ogni mercato è unico, e quello italiano lo è più di tutti… Come faccio ad essere tranquillo quando le decisioni commerciali e strategiche del mio business partner sono prese da persone che non ho mai visto, in altri mercati, per i quali l’Italia è giusto una appendice periferica e sacrificabile?

Adesso che finalmente mi sono affrancato da ADSense, non voglio riprecipitare nell’ansia che l’intero mio business sia cancellato da un cambio di strategia di una realtà troppo grossa, troppo distante, troppo internazionale!”

Certo, può anche andarti bene. Puoi essere fortunato. Molti editori beneficiano grandemente dall’aver trovato il partner giusto nel periodo giusto. La concessionaria è sicuramente l’operatore che ha maggiori possibilità di valorizzare un editore. E’ di gran lunga l’unica scelta sensata e la migliore per… il grandeeditore.

Non per te.

Per essere dentro devi essere tra i primi 3-5 siti del tuo segmento (ranking), devi muovere alcune decine di milioni di pagine mese e devi avere caratteristiche editoriali specifiche dato che ti troverai a competere con editori con storia secolare come il Corriere o con posizionamenti di assoluta leadership quali GialloZafferano.

In assenza di questi requisiti, è difficile che il tuo sito venga seriamente preso in considerazione, dopo le promesse inziali (quelle che servono a farti firmare il contratto e fare numero).

Finirai verosimilmente annegato in un network, con scarse possibilità di monetizzazione continuativa, anonimizzato e poco considerato.

Quindi, pur scegliendo il migliore strumento di monetizzazione possibile (la concessionaria) finisci per prenderti tutte le fregature degli altri 4 sistemi che avevi scartato.

Per un editore verticale tra il 0,5 e i 15 mln di pagine viste, nessuno dei 5 sistemi tradizionali di monetizzazioni è efficace.

Vuoi sapere il perché?